Le ore passate in treno

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Le ore passate in treno non sono ore perse. Le ore passate in treno sono ore guadagnate. Costretti ad una parziale immobilità, ci facciamo trastullare da idee, immagini mentali e pensieri che hanno un’altra consistenza rispetto a quelli fatti con i piedi per terra.

Le ore passate in treno danno dinamismo al nostro corpo, che dopo una-due-tre ore si muove con passo più svelto e convinto, si ancora alla realtà con un piglio diverso, si sbriga e si affretta e non vede l’ora di fare, andare, tramare.

Le letture fatte in treno, e gli sguardi intercettati, ed i volti studiati, e le mosse di rispetto e di confronto, di scontro e di attesa, ci fanno recuperare la dimensione dell’umanità e della sorpresa.

Nel treno siamo tutti meno diversi ed i tic quotidiani, e le piccole manie, e le smanie di arrivare, ed i bisogni fisiologici impellenti ci uniscono in un abbraccio quasi fraterno.

Oggi ho dialogato con un prete, un adolescente arrabbiato ed una signora di Montevarchi, che era stufa dei ritardi sulla linea Foligno-Firenze, che lei doveva andare a lavorare.

Le ore passate in treno sono entusiasmanti e nella loro monotonia un pò simile, sono come lo spazio transizionale di Winnicott, o la reverie di Bion, o il preconscio Freudiano.

Le ore passate in treno mi ricordano i lunghi viaggi per la Calabria fatti da piccolo, la cuccetta che tanto non dormo, i panini comprati dal finestrino.

Roma di notte. E’ la capitale. Napoli alle tre: buio pesto. Il cambio a Lamezia Terme. L’alba e poi il mare. E gli infiniti paesucoli che mi separavano dal mio, appartenente ad un’altra onda, ad un altro spazio, ad un’altra era.

Stavo arrivando in Calabria, presto avrei fatto un bagno lucido e fresco, dove le pietre erano lisce e faceva subito fondo.