Il ritorno ad un futuro precedente

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Mio nipote mi guardò stretto nelle pupille quando mi chiese cosa fossero ai miei tempi il giusto e lo sbagliato, ed io gli raccontai che a un certo punto si sgretolarono, coincidendo con i concetti di potere e debolezza. In pratica, gli spiegai, se eri potente eri giusto e se eri debole eri sbagliato. Almeno questa fu l’evidenza che ci accompagnò per anni.


Smetteva di fare le sue cose quando gli parlavo di internet, blog, chip, password, bancomat e carte di credito. Soprattutto, era catturato mentre cercavo di spiegargli come fosse fatto un cellulare, la sorpresa che provammo quando arrivarono a cambiare le nostre vite e ci sentimmo tutti più vicini e più soli.

Quando discutevamo di questo e altro  mi prendeva un pò in giro, ed io mi avvertivo all’improvviso vecchio. Poi tutto finiva in una rincorsa, se il tempo e gli impegni della giornata ce lo permettevano, e ricominciavamo a parlare.

Internet gli pareva proprio strano, per il mondo in cui lui era nato e cresciuto, e non si capacitava di come fosse possibile aver inventato in passato un sistema così complicato. Con i suoi amici, poteva farne senza, che a loro bastavano adesso modi molto più semplici per comunicare.

Prendeva sonno quando gli parlavo della radio e delle cabine telefoniche ed anch’io, arrivato a quel punto, sbadigliavo un pò, forse per lo sgranarsi dei miei ricordi. Sorrideva all’idea di me piccolo con un gettone in mano ed era stupito che questo avesse un costo; il gettone: qualcosa di solido con una riga in mezzo a segnare l’inizio del prezzo di una comunicazione.

La volta che mi chiese cosa significasse lavorare, fui costretto a raccontargli che le cose cominciarono a funzionare in modo strano come per il concetto di giusto e sbagliato; molti lavoravano molto per poco e pochi lavoravano poco per molto. Molti iniziarono a non lavorare per niente e se ne dispiacevano al punto di avere da offrire, alle persone che amavano, solo l’amaro della loro rassegnazione.

Nelle notti piú lunghe, c’era la volta della storia delle differenze. Ammetteva di esserne un pò spaventato e mi stringeva forte la mano. Una diversa per sera, ascoltò una guerra tra i popoli o una battaglia tra le persone comuni per come le avevo vissute, viste o sentite; capì così che, per ogni cosa detta o fatta, gli uomini decisero di dividersi in schieramenti e fazioni che davano senso in modo sanguinoso alle loro esistenze; perché ciascuno di loro voleva annullare, appunto, la storia delle differenze.


Al suo risveglio, anche quella mattina camminammo raccogliendo more e ciliege fino al fiume, dove lavare il sonno della notte parlando di giusto e sbagliato.

Lì incontrammo i suoi amici e tanta altra bella gente. Tutti insieme continuammo ad ipotizzare, sotto il sole cocente, come costruire il ritorno ad un futuro precedente.