Oggi c’è una nebbiolina sottile. Un silenzio fitto. Sono a passeggio col mio cane, Firenze mi sembra spettrale. Non so se io da dentro ci metto qualcosa di mio, la fuori. O se da fuori, qualcosa di spettrale è entrato dentro di me dopo venerdi. Mi viene in mente il giorno dopo i bombardamenti nei racconti di mio nonno. Era tutto rallentato. Era tutto molto finto. Era come in un cartone animato dell’orrore. Lui non lo poteva sapere, che si chiamava disturbo post traumatico, e se tornassi piccolo glielo vorrei spiegare. Soprattutto, se lui fosse ancora vivo. Sono certo che mi risponderebbe bravo, dandomi un bacio e mille lire.
Eppure di domenica le persone viaggiano. Di domenica le persone pranzano. Di domenica le persone parlano. E nel fine settimana si vogliono divertire. Magari al ristorante o in discoteca. Io non so bene come fare. Al mio bisogno di riposo, oggi si mischiano il nervosismo e l’impotenza. Quando succedono fatti come Parigi, mi dico che è normale sentirsi cosi. Sono contento di sentirmi cosi. Mi preoccuperei, se non mi sentissi cosi. Spero che tutti noi, ci sentiamo così.
È diventato difficile trovare una coordinata emotiva. Alternative all’odio ed al rancore. Cercare un significato locale ed universale. Ero a cena venerdi con mio fratello e mio cugino, una bella cena dopo tanti anni. Mangiavamo cibi emiliani. Al dolce ho detto: sparano a Parigi, che controllo sempre questo maledetto cellulare. Poi c’è stato il tam tam delle notizie. Una notte indigesta. La voglia di parlarne con tutti. Di alzare il telefono e chiederti come stai. Sentire accanto ogni persona cara.
Non posso e non voglio chiudere la mia famiglia in un cassetto. Ma da domani ciascuno ricomincia da sè, con qualche legame di senso in meno ed un po’ di paura in più. Il mondo in cui siamo capitati, si diverte a farci convivere con la paura. Vari tipi di paure. Un intero catalogo di paure. Ormai ne siamo assuefatti. Dopo lo spavento, per la paura, c’è l’assefuazione. Anche questo fa parte della sindrome. Ed è un passaggio molto pericoloso, perchè non percepisci più il pericolo, quando ti assuefai alla paura di vivere.
Ad esempio paura che, come mi diceva mio nonno, l’impegno personale non basti. Proprio come forse pensava lui, il giorno dopo i bombardamenti. Quando sei in guerra con la paura del licenziamento, della catastrofe naturale, della spending review, del default o di un attacco terroristico, la realtà è più potente dell’impegno, perchè ha il potere di decidere cosa farsene di te.
Ti verrebbe da dire: allora io non mi impegno più. Rientro a casa con Lola. Ha fame. Mi guarda e scodinzola. Lola è contenta. Lola corre. Lola l’ho portata fuori. Mi dico che passerà, perché non ha senso vivere senza impegnarsi a farlo. Le verso un po’ di crocchette nella ciotola. Si comincia dalle piccole cose. Anche questo me lo ha insegnato mio nonno.