I frequentatori psichici di sé tramite te: brevi note sull’uso psicologico dell’altro

Quelli che chiamo i frequentatori psichici di sé tramite te vanno alla ricerca di una stimolazione etero. Non fraintendere. Etero nel senso che sono speciali nell’usare una parte preziosa dell’altro come se fosse loro, in un complesso gioco di riflessi. Narcisisti, manipolatori o perversi. Borderline, immaturi o vampiri. Non mi interessa l’etichetta. Parlo qui di rapporti, non solo di tipo professionale. I frequentatori sono reduci da relazioni primarie così così. Non hanno necessariamente sofferto le pene dell’inferno, ma in qualche modo hanno fatto esperienza ripetuta di una povertá dal punto di vista affettivo. Incapaci di vitalizzarsi in modo autonomo, i frequentatori si ingegnano nel cercare antidepressivi umani, che catturano attraverso la ragnatela delle loro abilità relazionali. Inizialmente ci stupiscono. Sanno essere affabili, generosi, premurosi, responsabili e attenti. Nel tempo, potremmo riuscire ad intuire qual’è il loro vero gioco nascosto: frequentarsi tramite te.

ZOOM IN

Succhiano la nostra vitalità per evitare di stare. Sulla soglia dello stare, hanno consumato l’attesa per qualcosa che sarebbe dovuto arrivare e che non è purtroppo arrivato: l’eco di una voce amichevole, del conforto o del riconoscimento.

Congelati tra rabbie inesplose e domande di amore inevase, sono dunque cresciuti muti, incapaci di dare voce alla mancanza, perché un possibile antidoto alla depressione d’amore è pur sempre il coraggio di farne richiesta esplicita, comunque siano andate le cose.

Sulla soglia dello stare fa freddo e ci si sente soli anche se in una moltitudine. Affaticati dalla sola idea di chiedere, spaventati dalla sola ipotesi di una nuova attesa, hanno così cominciato a dar forma all’anti-stare.

L’ANTI-STARE

Frequentano ogni tipo di città, vagando alla ricerca di cibo. Ogni cosa che pulsa; ogni slancio, idea, provocazione, entusiasmo, genuinità è pane per i loro denti.

Viaggiano da un’attività all’altra. L’imperativo è non depositarsi mai. Non fare mai resto. Non mollare la presa sull’osso della vita, ricercandone continuamente una dimensione eccitata.

Specializzatisi nell’accelerazione delle tappe – cognitive, sessuali, esistenziali – anti-stanno eludendo i conti con le delusioni ricevute e con l’andirivieni dell’esperienza.

Si travestono così di cornici simboliche fittizie, la cui crosta nasconde l’odore che fa. A ben vedere, non sanno né amare né chiedere, né prendere o dare. Piuttosto ingurgitano storia, senza conservarne alcuna memoria. Nelle zone grigie della riflessione, infatti, diventano depressi, schizzando via per ritornare su in modo artificioso, nel far west dei sentimenti.

IL FAR WEST DEI SENTIMENTI

L’incipit del rapporto è border ed all’insegna della lusinga, ma la parata idealizzante a cui ci sottopongono ha ben altre finalità ed è un’astuta operazione di segno contrario.

Usano l’arma bianca della seduzione attraverso la quale ci catturano. Ci sentiamo improvvisamente speciali. Zacchete. Magnificandoci, coccolano in realtà il loro sembiante – che siamo noi – per come gli altri avrebbero dovuto fare e per come avrebbero voluto gli altri facessero.

Veniamo inizialmente abbagliati dalle piume colorate della loro livrea, che si rivela un oleogramma artificioso dei nostri colori. Inizia il banchetto. In questa raffinata operazione, dislocano, con puro istinto predatorio, il loro bisogno di amore nella finzione di amarci, creando coppie “io-tu” eccitate.

Così, si appiccicano addosso i nostri gusti e le nostre abitudini. Parlano il nostro linguaggio. Aderiscono alle nostre idee. Combattono per le stesse battaglie. Vivono con la nostra passione. Raccattano frammenti di identità posticci per incollare in modo compulsivo i relitti di un sé non coeso.

In una sorta di partenogenesi, simulano l’altro mai avuto mentre ci idealizzano e, nel vederci appagati dai loro omaggi, si identificano con la parte felice che non sono mai stati.

Inconsapevoli dell’atto cannibalico, diventiamo così gli attori di un nuovo capitolo del loro romanzo. Nella nostra versione, costruiamo finalmente una relazione entusiasmante con un’altra persona. Nella versione dei frequentatori, si produce un surplus di proteine emotive per scappare un giorno in più dallo stare.

LA NOSTRA APPARENTE FELICITA’

Spesso, non ci accorgiamo di questa doppia scrittura. Nella fase mediana del rapporto, infatti, è caratteristica la patina della condivisione di esperienze all’insegna della reciprocità, che ci illude di stabilire uno scambio arricchente. Ci sentiamo intimi, fusi, la coppia più bella che c’è, solo perché un camaleonte ci riflette nel nostro profilo migliore.

E generano la nostra apparente felicità. Ci colgono impreparati nel segno della vanità. Camuffano la rapina con generosa elemosina di attenzioni. Purtroppo, le loro effusioni sono solo aromi per condirci la carne, degustata a piccoli bocconi.

SPIE

Appare in noi, spesso, un groppo isterico, somatico, nodale. Alla testa, alla gola, o alla bocca dello stomaco. Perché, quando la mente è fottuta, è il nostro corpo che parla, si divincola e ci mette in allerta.

Impara ad ascoltare le note dissonanti che cominci a cogliere, ma che non vuoi ascoltare. Può darsi che il benessere che provi in loro presenza diventi impercettibilmente ansioso e liminale ad uno stato di insofferenza.

Vorresti vederli ma anche no. Vorresti sentirli ma anche no. Vorresti a volte non vederli né sentirli proprio. Confuso da questa  ambivalenza, diventi oggetto della tua critica: come è possibile che di fronte a tante carinerie ti ti diri indietro? Come mai anche stavolta ti comporti in modo così irragionevole e malevolo?

Tracce del rimprovero transpsichico che avverrá, subito dopo il crack.

 CRACK

Poi avviene il crack. Si scopre di essere stati usati quando, per qualche evento, ci smarchiamo dal ruolo di preda. Può capitare per qualsiasi impegno di vita, o evento, che detti un nuovo ritmo al rapporto, imponendogli inevitabilmente il nostro tempo.

Allora, i frequentatori psichici di sé attraverso te possono arrabbiarsi. Quei bei volti rotondi, diventano ispidi ed ossuti. Esplode la condanna che ci fa sentire traditori. Ci rimproverano proprio. Tiranneggiano la relazione e ci fanno provare paura per i nostri sbagli.

In altri casi, non abbaiano. La freddezza del cobra è proporzionale al calore con cui ci aveva osannati durante il pasto immateriale. Temiamo ricatti e morsi improvvisi, vivendo in una atmosfera di crescente minaccia.

SENZA ARTO

Quando ci svegliamo, siamo nella sensazione di essere senza qualche arto psichico. Il bluff emotivo che si prova, e la tristezza conseguente che genera, è l’ultima allocazione di sé che i frequentatori ci lasciano dopo averci posseduti.

La melanconia irrompe come qualcosa di traumatico: è un pezzo di realtà che piomba come se fosse nostra, ma solo come se, lasciandoci il retrogusto tossico di una “cosa installata” che dobbiamo personalmente smaltire.

Dopo aver prestato la nostra anima, offriamo così al frequentatore, già altrove, anche la possibilità di alienare il dolore mentale che non ha provato, quando nella sua vita le cose sono andate storte.

Campanelli di allarme -Sul frequentatore

La visione di te come esclusivamente buono/a

Un’inspiegabile ‘fretta’ che vuol dare al rapporto

Il fervore con cui si rialza dopo una delusione

Una giovialità indifferenziata che appiattisce la soggettività dei suoi incontri con il mondo

Campanelli di allarme -Su di te

La convinzione iniziale che hai a che fare con una “persona bella”

Un’immediata ricarica delle tue batterie

La progressiva sensazione di ingombro e fatica

Sentirsi senza un pezzo quando sei stato/a vero/a