Tra gaudenti e burocrati meglio non mettere il dito

Tra gaudenti e burocrati meglio non mettere il dito.

La babilonia multilingue dei gaudenti si nutre della sovversione delle regole della natura, nell’aggiramento sistematico dei divieti e nella mortificazione dei diritti. Non c’è storia. Non esiste rimozione o sintomo. Tutto è presente eterno e “pieno sempre”. Ogni mattina si ripete la trama dell’identico ed alla sera i membri del clan si lustrano dei loro umori senza mai incontrarsi, scivolandosi addosso.  Intorno allo specchio dell’autoreferenzialitá, il capo-orda ricorda:

‘Voi che partecipate al mio banchetto, onorate la mia immagine sfiorandovi appena’.

Nella terra dei burocrati, vige invece la regola della Legge senza desiderio. Il dettaglio della carta scritta, preserva dall’espressione della soggettività. L’orizzonte del significato diventa optional e sinonimo di stravaganza. Alla fiera di paese, all’occorrenza, si permette di comprare confezioni di empatia 3×2 attraverso il telemarketing della pulsione. A patto, però, che ogni messaggio di amore venga vidimato, come capo-orda recita:

‘Voi che vi attenete a ciò che è scritto, non divergete se non volete diventare rabdomanti delle procedure perdute’.

I gaudenti gozzovigliano aprofittando della assenza normativa di un Padre. Ingurgitano-evacquano esperienze – emotive, sessuali, professionali – senza temporalizzare gli eventi. Il loro sistematico rigonfiamento miete il nostro spazio; ed i figli diventano così padri di loro stessi, in un sardonico rifiuto delle gerarchie simboliche. Una violenza atroce, che  fa sentire la carne tritata nel far west dei senza Legge.

I burocrati spendono ore dei loro giorni confermandosi nell’alessitimia dei sentimenti, specializzandosi, piuttosto, nella liofilizzazione dell’altro.  Non rispondono proprio. Trapassano con lo sguardo diafano. Annullano la forza d’urto dei sentimenti. Evaporano come ombre per materializzarsi con un sorriso d’assenza, che ci tiene ben lontani/e dalla possibilità di stabilire un contatto. E quando non scorrono amore e speranza, veniamo abitati dalla loro violenza sottile, che non ci fa sentire mai riconosciuti.

Nelle zone di confine tra le due terre, esistono poi i meticci.

Forse che molti burocrati non nascondano il gene dei gaudenti, quando la rigidità diventa l’oggetto del loro godimento perverso, che batte il ritmo dell’annullamento dei significati? Il godimento dei burocrati sta nella burocrazia stessa e nell’alienazione che essa crea nello spazio tra me e te.

Come a fargli eco, molti gaudenti costruiscono regole incestuali, appannaggio della loro visione del mondo; sopravvivono generando codicilli, portatori di matrici parziali di senso e funzionali a creare un “noi-contro-voi”. La burocrazia dei gaudenti sta nella fissazione del godimento in quanto comma esistenziale.

Tra gaudenti e burocrati meglio non mettere il dito.

Il gerundio esistenziale

Nell’attimo del gerundio esistenziale, mi tengo vivo come posso, attraverso esperienze che partono dal basso di me. Perciò, sollecito i sensi attraverso molteplici declinazioni del gerundio esistenziale, che evoca l’idea dello stare in movimento. L’attimo, potrebbe declinarsi in questo elenco di stati misti che volutamente lascio tali:

-giocando con i miei figli senza pretendere troppo da me;

-portando Lola al campo addestramento;

-comprando cibi buoni in mercati rionali;

-entusiasmandomi nel mio lavoro quando incontro un altro;

-sperando di tornare presto a pesca;

-accettando come naturali i miei sentimenti di invidia e gelosia;

-accogliendo la tristezza quando arriva;

-ascoltando musica post-punk;

-portando in giro con orgoglio il mio libro;

-associando e studiando;

-tifando come un bambino;

– riconoscendo le mie paure;

-assecondando senza vergogna il mio impulso alla scrittura;

-pianificando sessioni di attività sportiva sufficientemente buone;

-romanzando le mie sedute;

rimanendo stupito dalla potenza di alcuni incontri;

vivendo le pause in modo non depressivo;

rimanendo stupito dall’annacquamento di certe relazioni;

-chiedendomi cosa possa provare l’altro quando dico o faccio qualcosa;

-componendo canzoni che troverò il coraggio di far ascoltare;

-regredendo nelle parentesi di vacanza o nelle cene tra amici;

-schematizzando, leggendo, catalogando, ordinando;

fantasticando per poi rientrare;

-integrando stanchezza e forza di volontà;

-riconoscendo l’autorevolezza di chi ne sa più di me (continua…);

-assumendo nei suoi confronti uno stato di dipendenza evolutiva;

-curando la bibliografia di ciò che scrivo;

-dedicandomi alla cucina creativa;

-passeggiando nella mia città a naso all’insù;

 -riflettendo quando viene e quanto basta sui sogni senza angustiarmi se non li ricordo;