E questa volta se ne va per davvero

Nella mia passeggiata di oggi, che sarà durata si e no due ore, ho incontrato S. 54 anni, viene dal sud, due figli piccoli e fa il muratore.

L’ho incontrato in una mattina cupa e piena di pioggia. Aveva la libera, moglie e figli all’acquario con amici, andava a pescare. Io mi ero semplicemente abbandonato ad una camminata nervosa.

S. mi comincia a raccontare del suo mare, e del clima di terrore in cui vive con la fabbrica agli sgoccioli che potrebbe licenziarlo. Le mie gambe erano dure e poco pronte a stare al passo di un altro, ma sono cominciate ad andare.

Quando siamo passati davanti a una chiesetta bianca, io gli ho raccontato del mio libro e del mio precariato. E di quello che faccio.

In fin dei conti ascolti, mi ha detto S., e questo è tutto. Quando nella vita non ci sentiamo ascoltati cerchiamo altro, trasformiamo il nostro bisogno di ascolto in qualcosa di animale. L’ascolto è un diritto come mangiare e lavorare.

Era coraggioso, aveva un pensiero pulito, ma soprattutto lo sentivo sveglio, vigile, era una persona. Gli incontri si fanno sempre più rari, tra le persone. Abbindolati da frasi, paure, abitudini. Muro contro muro. Spalla contro spalla. Sguardo contro sguardo.

Io ed S. invece eravamo li. Questo l’ho sentito quando ci siamo seduti a un bar, a cogliere l’unico raggio di sole di questa estate bastarda. Ci sta tradendo anche lei, ridendo, ci siamo detti.

Io poi ho preso un caffè e lui un amaro, che ha pagato. Siamo passati davanti alla locandina di una scalcinata edicola, che arrugginita balbettava notizie sull’assoluzione di Berlusconi.

Avevamo proprio in quel momento smesso di sorridere, che S. mi parla dell’impepata di cozze, di come la fanno al suo paese, di quella specie di ragù di pesce che si infila dentro al guscio e di come godi aspirando quel nettare.

Lo guardavo estasiato pensando di replicare decantando la nostra bistecca. Ma S. mi anticipa e mi da il suo cellulare, vuole che vada a mangiare le cozze a casa sua quest’estate.

Io sono in parte del Sud, e conosco quella fiammata di calore che senti nella pelle della gente del sud.

Quasi per difendermi, allora mi incarto, racconto che sto per partire per la Corsica e che non prometto niente. Passiamo per un moletto, dove stanno dei pescatori tristi e qualche gabbiano perplesso alla ricerca di un luglio qualsiasi.

Guardando l’acqua torbida mulinellare, rimaniamo in silenzio, vicini all’acquario. S. allora si fa prendere dalla fretta e non so bene cosa succede, scappa veloce con un forte abbraccio.

Rimango di nuovo anticipato…lo avrei voluto salutare meglio. Giusto dirgli grazie…allora ti faccio sapere…anche se non ti prometto niente.

Riecco non ti prometto niente. Per come va ora la mia vita, domani potrebbe essere tutt’altro. Ciondolando, ricomincio a camminare, e mi sento in colpa per aver poco prima preso le distanze quando S. voleva sapere in quale fine settimana di agosto sarei andato giù.

Mi ricompatto subito, già pronto a rubricare un’esperienza così liquida in qualche box della mente. Nel mio lavoro so bene come si fa, significa stare con tutto te stesso per poi decantare.

Già pensavo al ritmo della corsetta da avviare, quando sento alle mie spalle qualcuno che corre ed è S. che mi da due biglietti per l’acquario, avanzati a sua moglie e ai suoi amici.

Aveva il fiatone, ma ce l’aveva fatta a raggiungermi. Vacci con i tuoi figli, mi dice, io ci ero già stato con loro, per quello oggi non c’ero! Una si, ma due volte no eh!

E questa volta se ne va per davvero.